giovedì, Dicembre 19, 2024

Sindacato

Il Sindacato nasce nel XIX secolo in concomitanza con la rivoluzione industriale, la quale aveva portato come conseguenza lo sfruttamento indiscriminato del proletariato (gravosi orari di lavoro, basso salario, condizioni insalubri di lavoro).

La principale fonte normativa del Sindacato oggi è contenuta nell’art. 39 Cost. che rappresenta il fondamento giuridico della libertà e dell’autonomia del Sindacato.

Sempre secondo l’art. 39 Cost., i Sindacati acquistano la personalità giuridica in seguito alla registrazione e possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

L’evoluzione dei modelli di relazioni industriali

Individualismo liberale, pluralista e pluralismo organizzato.
 
Nel modello dell’individualismo di mercato, tipico del capitalismo concorrenziale, l’azione
sindacale è stata limitata a quei settori della classe operaia che, ricorrendo al metodo della
regolamentazione unilaterale, sono stati in grado di definire la propria autonomia professionale di
mestiere.
 
Modello pluralista di relazioni industriali che chiede priorità alla contrattazione collettiva, per
identificare il nuovo metodo di regolamentazione congiunta dei rapporti di lavoro. Il mercato del
lavoro resta sfavorevole all’azione sindacale, dato l’elevato tasso di disoccupazione, ma vengono
estesi i diritti politici e di protezione sociale.
 
Modello di pluralismo organizzato (o neocorporatismo) si è sviluppato soprattutto in Germania,
Svezia, ecc. I mutamenti di contesto che hanno favorito questo modello sono: la crescita economica,
benessere diffuso, quasi piena occupazione, legislazione di sostegno alla contrattazione collettiva e ai
sindacati. Si è rafforzata l’azione dei sindacati e delle associazioni imprenditoriali, sempre più
coinvolti nei processi decisionali relativi ai problemi economici e sociali.
 
La globalizzazione dei mercati è stata all’origine di una domanda diffusa di flessibilità economica e
del lavoro da parte delle imprese, che è diventata il nuovo oggetto delle relazioni industriali, a livello
micro, insieme al precedente impegno per il contenimento dell’inflazione che aveva favorito i patti
centralizzati tra i grandi attori collettivi.
 
Flanders e Fox, definiscono la contrattazione collettiva come un procedimento sociale in grado di
trasformare il conflitto e il disordine, che costituiscono l’input, in norme con la loro applicazione e
aggiustamento, che rappresentano l’output. L’efficacia di tale sistema si può misurare dunque sulla
base dei risultati del procedimento di risoluzione delle controversie.

LA PARTECIPAZIONE

 Essa comprende l’insieme delle pratiche e degli istituti, con i quali le parti in gioco interagiscono
andando oltre le disposizioni e l’incompletezza dei contratti.
 
La partecipazione professionale, riguarda la posizione dei singoli o dei gruppi
nell’organizzazione del lavoro, dipende in gran parte dalle politiche aziendali di gestione del
personale, ma è anche il risultato del progresso tecnologico, dell’evoluzione nella
composizione qualitativa del lavoro e dell’azione collettiva.
 
Il coinvolgimento diretto dei lavoratori da parte delle direzioni aziendali orientate a
sviluppare modelli di organizzazione de lavoro non parcellizzata, favorire il lavoro di gruppo,
realizzare progetti di qualità, promuovere una gestione strategica delle risorse umane.
 
La partecipazione economica del lavoro si riferisce alla partecipazione sia ai risultati che al
capitale dell’impresa, anche se i due piani hanno implicazioni diverse per la qualità della
partecipazione, poiché la seconda può indicare anche forme di controllo strategico
dell’impresa o di democrazia economica se le quote partecipate sono significative e se esiste
una volontà in al senso da parte della rappresentanza del lavoro.
 
La partecipazione rappresentativa o istituzionalizzata, riguarda il lavoro organizzato, in
quanto è la rappresentanza collettiva del lavoro a essere chiamata in causa e a esprimere
forme rilevanti di Democrazia Industriale: diritti di informazione, commissioni miste di
consultazione e varie forme di bilateralità.
 

Forme di democrazia industriale

Debole: gli obblighi per l’imprenditore sono limitati a informare i rappresentanti sindacali, a
consultarli e a registrare le loro opinioni favorevoli o critiche, ma al management resta la decisione
finale.
 
Forte: esistono schemi di codeterminazione, più vincolanti per l’azione manageriale, soprattutto
quando sono previste forme di partecipazione, minoritaria o paritaria, dei rappresentanti dei lavori
nei consigli di amministrazione, nei comitati di sorveglianza o in organismi decisionali simili, che
richiedono il consenso di entrambe le parti.
 
Nell’ultimo decennio sono state approvate 3 direttive comunitarie che hanno segnato un nuovo
percorso verso un vero e proprio modello partecipativo di relazioni industriali nell’Unione Europea.
 
1) La prima è stata quella sui comitati aziendali europei del 1994 che prevede il diritto di
informazione e consultazione nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni
comunitarie.
 
2) La direttiva e il regolamento del 2001 sulla società europea (SE) hanno previsto quindi in
maniera esplicita il coinvolgimento delle rappresentanze quale requisito essenziale per la sua
costituzione. Le modalità di tale coinvolgimento implicano essenzialmente 3 forme:
informazione, consultazione, partecipazione.
 
3) La Direttiva sull’informazione e la consultazione prevede un quadro generale di regolazione,
nel senso dell’armonizzazione degli standard minimi, per le imprese nazionali.